La prima cosa da fare, indipendentemente dalla rotta che vogliamo seguire, è disporsi di bolina. Questa andatura ha due vantaggi, per primo consente di avere abbrivio quando molleremo la scotta randa poiché la vela prodiera “porta” ossia lavora per l’avanzamento dell’unità consentendo il governo al timone, e poi fa sì che il boma non si discosti molto dall’asse longitudinale della barca agevolando l’ammainata dell’inferitura e il serraggio dei matafioni.
Ora dobbiamo scaricare le pressioni sulla tela maestra in modo da facilitarne le manovre: molliamo il vang, molliamo la scotta della randa e cazziamo l’amantiglio. Dobbiamo eseguire le manovre per forza in quest’ordine poiché il vang ha funzione di ritenuta e scotta ed amantiglio sono incocciati alla parte poppiera del boma facendo leva contraria, la prima tesa verso il basso il secondo verso l’alto. Molliamo dunque prima i paranchi sotto al boma e poi tesiamo ciò che ci permette di alare la varea.
Siamo ora pronti a ridurre una porzione di tela, i velai predispongono la randa per una, due o tre mani di terzaroli (non è inusuale vedere barche da regata senza mani alla randa, in tal caso o si sventa o si ammaina) per cui laschiamo drizza randa fino ad incocciare la brancarella al corno di trozza. Paroloni in “barchese” per dire che quando la randa viene parzialmente ammainata sull’inferitura (caduta prodiera della vela) si va ad inserire l’anello rinforzato (brancarella) previsto dal velaio al gancio (corno) che si trova sullo snodo tra boma e albero (trozza) e cazziamo drizza randa per ritesare l’inferitura.
Abbiamo finito con l’angolo di mura ora dobbiamo occuparci dell’angolo di scotta: cazziamo la borosa ad ogni mano di terzaroli vi è corrispondenza tra brancarella sull’inferitura e bugna sulla balumina (caduta poppiera della vela) attraverso la quale passerà un cavo, la borosa appunto, che funge da nuovo tesa base. Se stiamo prendendo una mano è probabile che ci sia vento teso per cui avremo bisogno di una base piatta, di una vela magra perciò è buona norma cazzarla a ferro (ossia il più possibile) avendo cura di non rovinare la vela magari mordendola tra la borosa ed il boma.
Il più è fatto dobbiamo solo rimettere in forza la tela e gonfiarla di vento procedendo a ritroso: laschiamo l’amantiglio, cazziamo scotta randa e appuntiamo il vang
Infine, per far sì che la porzione di vela eccedente sul boma non si rovini fileggiando libera o peggio si incastri da qualche parte strappandosi leghiamo i matafioni ossia sagole che permettono la riduzione d’ingombro della parte di vela appena ammainata.
Solo ora possiamo rimetterci in rotta.
Buon Vento
Centro Italia Vela Via Donatello, 20 00196 Roma Tel. 3356329180 Dott. Massimo Francesco Schina Ufficiale di Navigazione del Diporto Comandante Navi del Diporto Esperto Velista FIV Istruttore I Livello Yacht e/o Monotipi a Chiglia FIV |
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